Parametri fisici, struttura ed evoluzione stellare
Temperatura e colore
La temperatura è una
grandezza fisica che descrive lo stato di agitazione termica delle particelle
(atomi, molecole, elettroni,...) che formano un corpo. Maggiore è
la velocità media delle particelle elementari che costituiscono
un oggetto, maggiore sarà il valore di temperatura misurato da un
termometro.
Un qualunque oggetto,
in virtù dell’agitazione termica delle particelle, emette “onde
elettromagnetiche”, cioè luce. Tale luce può essere visibile
se il corpo è sufficientemente caldo. E’ familiare a tutti il fatto
che anche al buio un pezzo di ferro caldo comincia ad essere visibile.
Più esso è caldo, più il colore “tende” al blu. Se
non fondesse prima, ad alte temperature diverrebbe blu.
Tutto ciò è
valido anche per le stelle; ecco perché esse hanno diversi colori:
quello che varia è la loro temperatura superficiale.
Cosa è il colore
Un’onda sonora è una perturbazione del mezzo (ad esempio dell’aria) che si ripete in maniera oscillatoria. L’organo che percepisce tale perturbazione è l’orecchio. Un’onda elettromagnetica è una perturbazione sia elettrostatica che magnetica: essa può essere percepita dall’occhio, oppure da una pellicola fotografica o da una telecamera. In tutti i casi, l’onda elettromagnetica viene percepita come “luce”. Un’onda del tipo suddetto si può schematizzare così:
Senza entrare nei dettagli,
basta dire che la “lunghezza d’onda”
distingue i vari “tipi di
luce”. L’occhio vede allora, al variare di
diversi colori.
Il bianco è
un miscuglio di un gran numero di onde di svariate
. Se un raggio biancastro
passa attraverso un prisma, o attraverso una goccia d’acqua, esso viene
“disperso” nei colori che lo compongono, e si ottiene così uno “spettro”.
Per tale ragione dopo un temporale è visibile l’arcobaleno. L’arcobaleno
è un esempio di
spettro solare, perché
è proprio il raggio bianco-giallo del Sole che viene scomposto.
Se vivessimo su un pianeta di Betelgeuse (una stella gigante rossa), l’arcobaleno
sarebbe assai diverso: lo spettro di Betelgeuse, infatti, essendo questa
una stella più fredda del Sole, è più intenso nelle
lunghezze tipiche del rosso.
Lo spettroscopio
è uno strumento che, oltre ai colori dell’iride, mostra dei dettagli
minori: le righe di assorbimento. Si tratta di zone scure, sovrapposte
allo spettro continuo dell’iride. Esse dipendono dalla temperatura ma anche
dalla composizione chimica del mezzo attraversato dalla luce prima di giungere
al prisma dello spettroscopio.
Ora abbiamo anche un’idea
di come si fa per conoscere gli elementi che compongono le stelle.
Luminosità e magnitudini
Più una stella
è calda, più essa tende al blu ed è luminosa.
E’ovvio che la luminosità dipende anche dalle dimensioni del globo
stellare: una nana bianca (temperatura superficiale di circa 15000°
C) è meno luminosa di una supergigante rossa (circa 3500° C).
Se però consideriamo
che le stelle sono a diverse distanze dal nostro pianeta, il problema si
complica. Basta però usare i metodi per conoscere le distanze stellari,
per sapere quanto effettivamente sia splendente una stella.
La magnitudine
apparente è la grandezza più usata per descrivere lo splendore
di un astro visto dalla terra. Una stella di sesta magnitudine sarà
appena visibile ad occhio nudo; Sirio, la più luminosa stella del
firmamento, ha una magnitudine apparente di -1,4.
La magnitudine
assoluta è la magnitudine che avrebbe una stella se si trovasse
alla distanza di 10 parsec (=32,6 anni luce) dalla Terra. Il Sole ha magnitudine
apparente di circa -26, ma quella assoluta è circa +5,5. Il
Sole è infatti una stella nana.
Cosa è una stella
Una stella è
un immenso globo di gas incandescente. Il Sole è una comunissima
“nana” con un raggio di 700.000 mila km (quello della Terra è di
soli 6.300 km). Il gas che lo costituisce ha una temperatura che va dai
15 milioni di °C del nucleo, ai 5.500 °C circa della fotosfera.
Perché vediamo le stelle
Perché il Sole è visibile
ed è così caldo? Perché lo sono le altre stelle? e
inoltre: cosa ha permesso al Sole di vivere per almeno 5 miliardi di anni
(visto che la vita esiste sulla Terra da non meno di 4 miliardi di
anni) pur essendo l’esempio massimo di dispendiosità energetica?
Facendo un po' i conti, l’energia è tale che se il proprietario
di un piccolo appezzamento di terra riuscisse a sfruttare tutta l’energia
solare che vi piove in un anno, egli non avrebbe problemi energetici per
lunghissimo tempo, e la Terra dista dal Sole 150 milioni di km!!
Ebbene il Sole “vive” grazie all’energia
prodotta nel suo nucleo dalle reazioni di fusione termonucleare: alla temperatura
ed alla pressione di quelle regioni i protoni possiedono energia tale da
riuscire a vincere la repulsione elettrostatica fondendosi, attraverso
stadi intermedi, per formare nuclei di elio 4. In parole povere, l’idrogeno
si trasforma in elio.
Il peso dell’elio formato è
però un po' minore della somma dei pesi dei quattro protoni iniziali.
Tale difetto di massa indica che la quantità mancante
si è trasformata in energia secondo la relazione di Einstein:
Energia = m c2
dove m è, nel nostro caso,
il difetto di massa e c è la velocità della luce nel vuoto
(circa 300.000 km/sec).
Un’altra reazione che avviene nel
nucleo delle stelle (soprattutto in quelle che hanno un nucleo molto più
caldo di quello solare) è il ciclo CNO (Carbonio-Azoto-Ossigeno)
che distrugge idrogeno creando elio con l’aiuto dei tre suddetti elementi.
Il diagramma H-R
Quando gli astronomi Hertzsprung e Russel decisero di “dilettarsi” con le magnitudini assolute delle stelle e la loro temperatura, rappresentando ogni stella con un punto su un grafico del seguente tipo:
anziché ottenere una disposizione casuale, i punti (le stelle) si addensarono in certe zone, a seconda delle loro caratteristiche fisiche. In particolare in una regione sono concentrati moltissimi puntini. Essa fu chiamata sequenza principale. Guardacaso il Sole si trova in essa.
Come nasce una stella
Lo spazio è
disseminato di nebulose: estesissime regioni ricche di gas e polveri finissime
(comunque molto meno dense del vuoto più spinto ottenibile in laboratorio).
E’ in tali regioni che i telescopi infrarossi hanno individuato “punti
caldi” che mostrano tutte le caratteristiche calcolate teoricamente per
una stella in formazione. Ciò dimostra che la formazione stellare
è un processo che avviene tuttora e queste osservazioni sono proprio
rivolte a “embrioni stellari”.
Per ragioni ancora
non chiare (forse a causa dell’onda d’urto di una vicina esplosione stellare)
in quelle nebulose il gas comincia ad addensarsi in certe regioni. La sua
attrazione gravitazionale accelera il processo ed in qualche decina di
milione di anni si forma un oggetto caldo. Se la temperatura raggiunge
i 10 milioni di °C si accendono le reazioni termonucleari: nasce una
stella.
La “maturità” di una stella
All’inizio la
composizione chimica di una stella è la seguente:
-- il 70% circa di idrogeno
-- il 28% circa di elio
-- il 2% circa di elementi
più pesanti.
Le reazioni nucleari
avvengono solo nel nucleo; qui l’idrogeno si trasforma in elio fino al
suo esaurimento. Ciò si verifica entro pochi milioni di anni per
stelle di massa molto maggiore del Sole (poiché il tasso di produzione
energetica è molto elevato a causa della reazione CNO), ed in qualche
decina di miliardi di anni per stelle di 0,2 masse solari.
La stella, fino
a quel momento, rimane in “equilibrio”: l’azione di sostegno dei suoi strati
è svolta dall’energia prodotta nel nucleo. Quando questa viene a
mancare la stella tende a collassare su se stessa per l’azione della forza
di gravità.
La vecchiaia
L’esaurimento dell’idrogeno
nel nucleo decreta l’avvento della morte dell’astro: esso da questo momento
avrà le ore contate.
Il collasso che segue
l’esaurimento dell’idrogeno, determina però un aumento della temperatura
delle parti centrali della stella. In un “guscio” circostante il nucleo
si riaccende la reazione di fusione dell’idrogeno in elio. Questa energia,
poiché viene emessa più in prossimità della fotosfera,
non è bilanciata dal peso degli strati esterni: l’astro allora si
gonfia diventando una gigante rossa. In questo modo il Sole arriverà
forse ad ingoiare persino Venere! La Terra a quel punto sarà arsa
dall’enorme entità di quelle radiazioni così vicine.
Successivamente
la temperatura del nucleo raggiungerà valori talmente elevati da
consentire l’innesco della reazione di fusione dell’elio in elementi più
pesanti.
La morte
Quando anche l’elio
si sarà esaurito all’interno della stella e l’idrogeno non brucerà
se non in esili strati, il Sole collasserà nuovamente, assumendo
la parvenza di un tempo. Ma si tratterà solo di un’illusione per
gli abitanti del sistema solare di quei giorni: il Sole splenderà
infatti per trasformazione di energia gravitazionale in energia radiante;
ormai l’idrogeno si va esaurendo anche in quelle zone in cui la temperatura
permette ancora la reazione p-p.
L’astro è piccolo,
compresso, caldissimo: una nana bianca. Un pugno di materia di una nana
bianca è tanto denso da pesare centinaia di tonnellate.
Nel 1054 astronomi
cinesi e giapponesi registrarono la comparsa di una “nuova stella”. Un
astro luminosissimo nella costellazione del Toro che fu visibile anche
di giorno per diversi mesi; poi diminuì lentamente di luminosità
e scomparve. Era un’esplosione di supernova: là dove allora fu vista,
oggi si trova la nebulosa del Granchio (M1), residuo dell’immane esplosione
che caratterizza la fine delle stelle molto più massicce del Sole.
In tali stelle, dopo quella dell’elio riescono ad innescarsi le fusioni
di elementi via via più pesanti. Giunti al ferro però non
è più possibile una reazione di fusione esoenergetica: la
stella in pochi minuti (!) collassa su sé stessa, aumentando la
temperatura centrale fino a miliardi di gradi e quella esterna fino a centinaia
di milioni di gradi. In pochi istanti si accende sia la reazione p-p che
le altre, anche nelle zone più esterne, ma l’astro non regge a tale
esperienza, esplodendo. E’ in tali momenti che si formano gli elementi
più pesanti del ferro.
Resta così solo
una nebulosa ed un astro centrale superdenso: una “stella di neutroni”
(visibile come “pulsar”). Se la massa di tale inconcepibile oggetto supera
le tre masse solari, esso diventa un buco nero, oggetto tanto denso che
sulla sua “superficie” infinitamente vicina al centro di massa, la gravità
è tanto forte da impedire persino alla luce di sfuggirvi e da modificare
quindi lo “spazio-tempo” delle zone circostanti.
Giuseppe Marino
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